Quando davanti a un’opera pittorica moderna sento qualcuno che chiede: “Cosa rappresenta?”, penso a quanta strada abbiamo ancora da fare, come popolo, come identità comune culturale, come comunità senziente e operante nel presente.
Penso agli anni, ai decenni che abbiamo trascorso senza fornire ai cittadini una educazione alla fruizione dell’arte. Noi, che siamo conosciuti al mondo come i depositari e i custodi maldestri del più straordinario deposito di narrazione figurativa e architettonica da che l’homo sapiens è comparso in europa.
Noi, che ci siamo ridotti a dover giudicare un’opera d’arte e non già a saperla leggere. Noi, che ci siamo fermati alla semplificazione del mi piace/non mi piace come unica categoria di lettura. Noi, che come unici interventi dell’arte negli nostri spazi urbani concepiamo opere ferme all’espressività di due secoli fa. Noi, che ancora accettiamo i dipinti a seconda della loro somiglianza al “vero” osservato dai nostri occhi.
Ogni volta che sento i commenti sulle nuove (poche) installazioni coraggiose che provano ad interagire con le architetture e le opere rinascimentali delle nostre piazze, sento un senso di scoraggiamento. Un senso di impotenza e di inutilità per tutto il lavoro che ognuno di noi, artisti o artigiani o semplici testimoni attivi, cerca di agire.
Eppure “Cosa significa questo quadro?” è una domanda che contiene anche un elemento di speranza. Di speranza per tutti noi italici, di speranza per il nostro sentire comune, per la nostra possibile rinascita futura che si presenti come arte.
“Cosa significa questo quadro?” contiene in sé la confessione del non capire, del non avere gli strumenti per decifrare, e quindi contiene il coraggio di voler chiedere un aiuto, un orientamento, una chiave per leggere, per poter leggere.
“Cosa significa questo quadro?” è anche – alla fine – la scintilla di un dibattito, di un confronto, di una sempre nuova narrazione stimolata dalla fruizione di quella data opera .
Ecco che “Cosa significa questo quadro?” può essere una domanda feconda, se vera e sincera. Ché nel nostro tempo le opere hanno sempre più questa funzione: quella di farci discutere, di farci interagire con l’opera stessa e fra di noi; fra chi osserva e fra chi espone e propone.
Gianluca Floris